Raggi di luce.

Riflessioni di questi giorni.

In compagnia di tanta grazia.


31/05/2019

Ieri mentre ero in riva al fiume a meditare, appollaiata su una pietra, ho aperto gli occhi e, a qualche metro da me, ho notato una coppia di anatre, con la sua prole a seguito, spuntata un attimo dopo da dietro alcuni sassi. I miei occhi erano riempiti della bellezza del momento e del sentimento alla vista di tanta grazia. Mi sono sentita parte integrante della vita: in comunione con il mondo animale, rappresentato in quel momento dalla famiglia di anatre. In quell’attimo i nostri due mondi si sono toccati, e, a livello profondo, si sono parlati, comunicando su piani sottili. Nessuno di noi si è sentito a disagio, fuori luogo o spaventato. Ognuno di noi era presente nel suo spazio e al contempo in uno spazio unico. Ci si comprendeva, e ci si rispettava. Ero grata.

Parlo di grazia – parola a me estranea fino a qualche anno fa – poiché ho la sensazione che la vita sia proprio questo: una grazia infinita. 

Il dizionario definisce grazia come segue: “motivo di piacevole attrazione in cui confluiscono bellezza, finezza, leggiadria”.
Etimologicamente deriva dal latino gratia: amicizia, favore, piacevolezza, leggiadria, gratuità e gratitudine; infatti deriva da gratus, grato.

Per me grazia è una forza, un’energia che va oltre me stessa, che è parte della vita, e che proprio per questo appartiene a tutti, è per tutti, nessuno di noi ne è separato da essa. L’unico inconveniente è che non sappiamo più che esiste, o non sappiamo più sentirla e riconoscerla. In altre parole ci siamo separati da essa, abbiamo messo – inconsapevolmente – dei veli o degli strati che non ci permettono di percepirla quasi mai.
In questo momento potrei descriverla come uno stato di beatitudine, di immensa pace interiore, di pienezza, di riconoscimento di sé e della vita come due entità unite, appartenenti l’una all’altra; di comunione con il creato, cioè tutto quanto ci circonda e tutto quanto c’è dentro di noi. Una luce divina, presente ovunque e in qualsiasi momento. 
Tuttavia queste sono solo parole che perdono il loro senso nel momento in cui le scrivo, poiché in fondo la grazia, o lo stato di grazia, si impoverisce nel solo momento in cui gli si dà una connotazione, cioè la si costringe all’interno di una definizione. Come un uccello in gabbia.

Preferisco allora lasciarla libera, e lasciare ad ognuno di noi il tempo e lo spazio per sentirla e viverla.

Al rientro dal fiume, mentre ancora stavo gustando quello stato di profonda gratitudine, mi è tornata in mente una situazione che risale al 2012. 
Mi trovavo a Sedona, in Arizona, a partecipare ad un corso sul risveglio del cuore illuminato. La sera stavo praticando la meditazione sulle sponde di un corso d'acqua, seduta sulla sabbia. Finito di meditare ho aperto gli occhi, ancora piena della pace e dell’amore presenti in me. Pochi istanti dopo un’anatra mamma è arrivata a circa mezzo metro dal mio fianco sinistro, assieme ai suoi quattro piccoli. Ha lasciato che si mettessero gli uni vicini agli altri, a formare un batuffolo unico, appallottolati, e poi è volata via, forse a cercare cibo. Ero meravigliata e al contempo grata di quanto la natura mi offriva in quel momento. Sentivo che lo stato nel quale mi trovavo, privo di alcunché bisogno personale e di minime tensioni, immersa nell’amore, aveva dato la possibilità a questa madre di affidare i suoi piccoli al “mio” spazio finché lei si assentava. C’era una sorta di fiducia reciproca e il sapere che ci si poteva affidare, lei a me, e io a lei, piccoli compresi. Ancora più il mio cuore si è aperto all'infinita conoscenza e all'amore insiti nella vita. 

Ritornando a quel momento, questo credo: quando siamo privi di qualsiasi richiesta verso il mondo, esso risponde in tutta la sua bellezza e gratitudine, facendo succedere cose altrimenti impossibili, e impensabili alla nostra mente.